ACCF = Archivio Capitolare della Cattedrale di Fano
ACCP = Archivio Capitolare della Cattedrale di Pesaro
ACCU = Archivio Capitolare della Cattedrale di Urbino
ACCR = Archivio Capitolare della Cattedrale di Recanati
BCB = Biblioteca del Conservatorio di Bologna
BOP = Biblioteca Oliveriana di Pesaro
Coll. Cit. = collocazione citata
[...] = parola / testo non leggibili
... = omissione di parola/e nel testo originale
§ = scudo/i
p. = pagina
pp. = pagine
Op. Cit. = opera citata
Estratto dalla Tesi discussa nel Conservatorio di Pesaro il 15 Marzo 2012
“Canti migliori dovrebbero cantarmi perché io imparassi a credere nel loro Redentore: più redenti dovrebbero apparirmi i suoi discepoli”
(Friedrich Nietzsche, Also sprach Zarathustra, Roma, Newton Compton, 1980, pag. 72, trad. di Anna Maria Carpi). Con questa affermazione Nietzsche fa capire quanto sia importante la musica in ambito liturgico. Al tempo di Bellinzani la musica da teatro imperava e costituiva una seria minaccia per i compositori di musica sacra, talvolta portati a inconsapevoli compromessi stilistici. A ciò si aggiunge un nuovo modo di comporre che condiziona in peggio qualità musicale e direzione del messaggio evangelico ai fedeli:
… introdottosi ora nel Mondo, e passato dagli Stromenti alle voci, si è istituito un modo di comporre, che sembra a più Cori, non essendo che a voce sola, o al più a due voci; quindi deriva quel detto tanto a me famigliare, che il Mondo mai ha avuto tanta abbondanza, e scarsezza insieme di Compositori, come al giorno d’oggi, perché ... chi appena è capace di Nota contro Nota pretende di essere Maestro; e pochi sono quelli nella nostra povera Italia, una volta feconda madre di Uomini illustri in questo genere, che daddovero (= davvero) studino per divenire singolari nella nostra Professione …
LETTERA DEL SIGNOR D(on) ANGELO MARIA CAROSI Maestro di Cappella di Sinigaglia AL SIGNOR D(on) PAOLO BENEDETTO BELLINZANI Maestro di Cappella della Metropolitana di Urbino e RISPOSTA DEL SIGNOR BELLINZANI AL SIGNOR CAROSI
Di questa lettera sopravvivono a tutt’oggi due versioni: una, edita a Pesaro intorno al 1733 per i tipi della stamperia Gavelli, rinvenuta dallo scrivente nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro, con collocazione A.II.h.11.m.13.; l’altra, vergata da mano ottocentesca, posta nella Biblioteca del Conservatorio di Bologna, con collocazione F.11.
La musica da Chiesa si fa sempre meno efficace e Bellinzani - deciso a porre fine a stili ibridi e non connotati - presta molta attenzione al rapporto tra musica e testo sacro, tra eloquenza celeste e profana; capisce quindi che è necessario trovare un elemento comune allo stile sacro e a quello teatrale e, dopo un’attenta analisi del tessuto compositivo operistico, riesce a isolare una cellula, quella degli Unisoni.
In pratica, con l’assunzione di alcuni elementi desunti dello stile teatrale come gli stessi Unisoni e i recitativi interni, Bellinzani contribuisce ad arricchire la messa avvicinandola al genere dell’oratorio.
Esempio di recitativo interno:
Pesaro, cattedrale, archivio del Capitolo, sezione musiche di cappella, cart. 48, ms 413:
Mo(tte)tto per ogni tempo concertato a quattro voci con violini, rippieni, e viola a benep(lacit)o, Musica di Paolo Benedetto Bellinzani, 1732
Il suo credo profondo e il suo ingegno musicale danno luogo ad una funzione compiuta in cui regna una perfetta armonia tra melodia e verbo santo, così da carpire e riportare le anime a Dio anticipando il concetto espresso dal filosofo tedesco Friedrich Nietzsche citato nel primo capoverso di inizio pagina.
Bellinzani sostiene che gli Unisoni vengono inseriti nella musica teatrale per non confondere con altro intreccio la forza del pensiero, e della consonanza. Intuisce come la loro valenza possa rafforzare - in ambito teatrale - tensioni drammatiche, caratterizzazioni di personaggi, singolari atmosfere e ancora pathos, emotività, connotazioni ed effetti di scena, e sa che un loro sapiente impiego nella musica da chiesa può contribuire alla messa in luce del testo sacro per un maggiore avvicinamento all’Altissimo. Quasi certamente questa innovazione porterà nelle chiese un modo nuovo di fare musica e allo stesso tempo di allestire scenografie liturgiche di grande imponente bellezza. In questo modo i fedeli troveranno nell’aria operistica il modo di memorizzare facilmente le parole di un salmo, di un inno, di un versetto o addirittura il canone della messa.
Bellinzani aveva intuito che la chiesa del Settecento necessitava di un cambiamento di questo genere. Non contento della sola musica, pensò le sue composizioni sacre come forse un compositore di opere pensa alla scena, ai costumi, alle prospettive dei cantanti sul palco e al tempo di durata di tutto ciò che avviene in un presbiterio adibito a palco.
Anche l’uso e la collocazione degli strumenti diviene fondamentale per i fedeli: probabilmente Bellinzani tende a dislocare strumenti e voci su due cantorie così da creare quello che oggi chiamiamo un perfetto effetto stereofonico. Lasciandosi alle spalle vecchi schemi retrogradi e sorpassati, Paolo Benedetto fu innovativo sia dal punto di vista liturgico - scenografico, che di quello musicale. Questo modo di fare teatro in Chiesa doveva essere piacevole, dato che la liturgia talvolta si protraeva fino al tardo pomeriggio (pensiamo infatti alla notevole durata di alcune musiche di Bellinzani come i vespri, le litanie, i tantum ergo, i responsori, etc): ciò contribuì ad un ritorno di fervore alla preghiera. I paramenti sacri, oltre che seguire i colori del tempo liturgico, venivano abbinati e intonati ai broccati allestiti nella chiesa, ai copri banchi, ai tappeti e ai drappeggi delle cantorie degli organi. ...tutto ciò diveniva luminoso e in armonia con la cerimonia, mentre le preghiere dei fedeli salivano come incenso profumato al cospetto di Dio. Quasi certamente Bellinzani adotta tutto questo per colmare il dolore causatogli dalla musica poco adeguata in vigore al suo tempo.
Il tappeto musicale realizzato da Bellinzani sembra in qualche modo opporsi a tale sfarzo, con
l’impiego degli Unisoni, nei quali vede una naturale semplicità capace di muovere gli affetti.
Bellinzani illustra gli Unisoni in forma di missiva in risposta a don Carosi, e questa sorta di teoria
deve avere avuto all’epoca ampia diffusione nel panorama musicale italiano, se ne esiste anche
una
versione
stampata:
Non senza fondamento avrete inteso dire che io abbia framischiati gli Unisoni nelle mie
Composizioni, particolarmente di Chiesa … mi sono lasciato trasportare da un certo non so qual
movimento, che faceva nel mio cuore questa sorta di musica semplice, ed all’Unisono; che
fattomi ad attentamente esaminarla, e ricorrendo le autorità dè nostri più insigni Autori, ne ho
riconosciuta la vera e reale cagione per giustificare me, e l’uso moderato che deve farsene.
La stabilità e fermezza degli Unisoni sono suffragate da accurati richiami al passato:
rimane senza dubbio che le antiche Nazioni avanti l’undecimo secolo, trovarono il mezzo della
musica per muovere gli affetti in modo migliore che colle sole parole, e non seppero trovare altro
metodo che ridurla ad una studiata semplicità dell’Unisono …
Gli Unisoni sono visti come elementi semplici, ma essenziali alla trasmissione di valori:
… e che questa semplicità fosse quella di che ora noi facciamo discorso, è fuor dubbio … perché
soleva uno, o al più due cantare, ed un Istromento accompagnare all’unisono l’istessa cosa, a
ciò
alludendo
Virgilio
quando
introdusse
Menalca,
e
Mopso
pastori:
Tu calamos inflare leves, ego dicere versus..
Gli Unisoni sono un prezioso veicolo di comunicazione tra i fedeli e la parola dell’Altissimo: ... nel
solo Teatro non si pone verun studio per far contrastare la Voce cogli Stromenti, ma bensì,
questi si pongono semplicemente all’Unisono colla Parte per non confondere con altro intreccio
la forza del pensiero, e della consonanza. E piacesse a Dio, che questa regola, che noi vediamo
ora con troppo effetto adoperarsi per far comparire le Scene, si impiegasse nelle Chiese, ove
tutta la cura pare, che si riduca a far pompa più dell’ingegno, e dello studio di chi compone, che
a mettere nel suo proprio lume la maestà, ed il decoro delle parole, che si pronunziano ...
Gli
Unisoni
sono
portatori
di
effetti,
ma
anche
di
affetti:
… Non sono molti anni, che in una veglia di Dame, e Cavalieri in Pesaro fui interrogato dal
Nobile, ed erudito Signor Giovanni degli Abati da che mai poteva procedere, che la Musica
d’oggigiorno più non commoveva gli affetti, come leggevasi aver fatto l’antica …
L’influenza dei modi greci tocca anche il XVIII secolo, passando per il medio evo:
- … quando mai abbiamo inteso à tempi nostri, che la Musica abbia conservata la pudicizia, ed onestà di Clitemnestra, come ne lasciò scritto Omero ?
- Dove mai il grande Alessandro fu costretto a prender l’armi, ad effetto di Timoteo Musico come si legge da Basilio Magno ?
- E quando mai alcuno fu condotto dalle furie alla mansuetudine dall’accorgimento di Pittagora, e dalla virtù del Musico, come nota Amonio ?
Si raccomanda di fare un uso attento degli Unisoni non smodato, e di affiancarli a sezioni dalla
scrittura morbida ed espressiva:
Ben è vero però, che se di continuo vorressimo ridurre la Musica all’Unisono finora descritto,
sarebbe un andare ricercando l’antica prima imperfezione, ma adoperando simil metodo - ove
solo richiede il bisogno dell’espressione - si preparano gli animi a ricevere gli effetti dell’Unisono
… in que’ tempi soli (dei Greci, degli Ebrei, dei Fenici) abbiamo sentito operarsi dalla Musica quei
mirabili effetti che pajono a chi li sente raccontare, favolosi …
La conduzione degli Unisoni è apparentemente agevole; porli in musica, al contrario, non è
impresa facile:
Che l’Unisono sopraddetto porti seco quella facilità, che pare a prima vista, come dissi sul bel
principio, non è altrimenti vero, perché il modo di condurlo non è cosa di poco rilievo, ed io me
ne sono avveduto ogni qual volta m’è convenuto porlo in esecuzione, anzi avevo destinato di
dare alle stampe una Muta di Messe, e Salmi con molti di questi, per dimostrare lo studio da me
sempre adoperato nello stenderli per lo più a guisa di Soggetto, il quale tramezzato da altra
Cantilena, e replicato in varie corde all’Unisono, non fa che un effetto dilettevole, e
sorprendente; ma conoscendo, che la gioventù in oggi non cura più lo studio, e la fatica, mi sono
trattenuto per timore, che non si cavasse dalla stessa medicina il veleno.
La musica moderna era capace di offuscare gli Unisoni, introducendo facilonerie ed inducendo adatteggiamenti volubili e disinvolti:
Ed in verità, tutta intenta oggi la Musica a dilettare superficialmente l’orrecchio, e nemica di
quella naturale semplicità, che sola è capace di commuovere gli animi, pare che nel solo Teatro
dovrebbe fare questa sua lusinghevol comparsa, e non mai nella Chiesa santa di Dio, ove
particolarmente è ordinata per inspirare venerazione all’Altissimo, ed alle cose sacre secondo
l’antica, sola sua prima Instituzione ….
Le riflessioni, le chiose e le citazioni dotte (Seneca, Plutarco, Virgilio, Aristotele…) di questa
specie di mini-trattato sugli Unisoni sono tutte tese ad illustrare e accreditare questa teoria e ci
permettono di scoprire l’aspetto erudito e versatile di Bellinzani:
- Ed i primi Ritrovatori della Musica dopo il Divin Creatore, che fu l’unico, e primo Autor dell’Unisono … (Angelo Berardi, Miscellanea musicale c.6 f. 25 )
- Fu poi introdotto anche l’uso di cantare a più voci, ma però a guisa dè Marinari, altri nel grave all’Unisono, altri come più giovani una Diapason più acuta (Bontempi, Ist.musica p.1 )
- Poiché se questo non è percosso ( l’udito ), non possono gli affetti dell’animo ricevere le loro commozioni … (Avverroè, in Aristotele, Phisica. 1.)
RISPOSTA DEL SIGNOR BELLINZANI AL SIGNOR CAROSI, op. cit.
Si può dunque pensare a Bellinzani un po’ come un Palestrina del Settecento, intento a levigare
ogni melodia con dedizione, così da ottenere un risultato sonoro limpido e stilizzato.
La Controriforma della seconda metà del Cinquecento modifica alcune sue componenti interne
come la dottrina, gli ordini religiosi, i movimenti spirituali e la stessa musica. Pierluigi da
Palestrina può così migliorare la comprensione del Testo Sacro avvalendosi nelle sue polifonie
della dolcezza melodica latina per semplificare i tanti intrecci del contrappunto fiammingo. In
effetti questa musica, irta di aridi schemi virtuosistici, rischia di distogliere il fedele dal devoto
raccoglimento verso l’Altissimo. Come il culto delle immagini era ritenuto essenziale nella
divulgazione delle Scritture agli incolti, allo stesso modo la semplificazione della musica
d’oltralpe facilitava, ad una “giusta velocità”, la comprensione a tutti i fedeli. Quando la
commissione episcopale ebbe modo di ascoltare due messe di Palestrina, si rese conto che non
bisognava accusare tutta la polifonia, ma solo il modo con cui essa era stata usata
precedentemente. Oltre agli Unisoni, Bellinzani si avvale di altri criteri per la costruzione di uno
stile musicale semplice e in stretto rapporto con il Testo Sacro:
semplificazione generale della sua musica senza che questa perda qualità e spessore.
Progressioni armoniche il cui forte impatto emotivo aiuta il fedele nell’ascesa verso l’Altissimo.
Sezioni musicali la cui scrittura suggerisce di non essere sogetti a battuta, nel senso che
durante l’esecuzione non veniva necessariamente rispettato il ritmo e si procedeva al di là dello
spazio e del tempo, procurando un momentaneo effetto di rapimento dell’anima. Nella musica
sacra le sospensioni temporanee erano viste come momenti contemplativi che richiedevano
soste spirituali. L’evocazione di una antica funzione religiosa suggerisce profondo silenzio, luce
di sole candele, inebriante profumo di incenso e musica appropriata all’atmosfera che sospende
l’astante tra terra e cielo. Notazione musicale raffinata ed elegante grazie ad una splendida
grafia e ad un rigoroso controllo delle parti. Ordine e bellezza equivalevano forse ad un
elevazione spirituale e ad un ossequio all’Altissimo.
Pesaro, cattedrale, archivio del Capitolo, sezione musiche di cappella, Cart. 52, Ms 475:
Per San Terenzo Introito In virtute tua, a 4 con Stromenti Musica di Paolo Bened(ett)o
Bellinzani.
LETTERA DEL SIGNOR ... op. cit.
In una delle lunette quattrocentesche della sala nord del castello di Alberto Pio di Savoia di Carpi (Modena), vi è raffigurato un affresco di anonimo di Scuola Emiliana. Tale affresco rappresenta una nobildonna di rara bellezza intenta a suonare magistralmente (lo si può capire dal gesto e dalla postura delle mani) un prezioso organo positivo formato di due registri e racchiuso in un’elegante cassa decorata. Sul retro del’Organo, a fronte dell’organista, una scimmietta molto graziosa dalle sembianze umane in abiti rinascimentali aziona i folii (mantici). Il momento di questa esecuzione è intimo, privato, racchiuso in un silenzio creato appositamente affinché la musica non venga disturbata. Tutto ciò in realtà è assai poco: poche note, pochi registri, pochi passaggi, un po’ di vento appena sufficiente per far parlare le canne. Domina su tutto questo una iscrizione ben visibile sul reggi canne che dice: Umilitas alta petit. Così Bellinzani segue - pur non conoscendolo - questo motto, scrivendo musica con poche note, con pochi strumenti, allestendo scenografie e regie liturgiche fatte di poco. La grandezza di Bellinzani si riassume dunque in questo motto: con poco tanto.
Davide Marsano